Dei ‘colpi di coda del drago morente’ e della necessità di un nuovo diritto. Intervista ad Antonio Rotelli sui futuri delle famiglie LGBTQI


Questo post è parte del laboratorio “I futuri delle famiglie LGBTQI nell’Italia del 2050”.

Antonio Rotelli è avvocato e legista.
Da più di 30 anni partecipa attivamente al movimento LGBTQI (lesbiche gay bisex trans queer intersex), al cui interno si è occupato di questioni giuridiche e cause pilota su matrimonio, genitorialità e transessualismo.
Nel 2050, Antonio avrà 75 anni – “Quel giorno, ci sarà una nuova generazione di giuriste e giuristi, più preparata di me a trattare le questioni LGBTQI che si porranno“.

A febbraio 2024, per la mia tesi di fine master, ho voluto raccogliere anche la sua opinione sui futuri delle nostre famiglie.

Questo post, che è stato da lui vistato, raccoglie una selezione delle sue idee, analisi, sfide al riguardo.
Io le ho riorganizzate, al fine di renderle omogenee allo stile di questo blog.


> Come vedi il futuro delle famiglie LGBTQI?

La società è molto cresciuta in questi anni e continuerà a farlo.
Oggi i giornali ci cercano, l’opinione pubblica ci conosce, gli esperti si interrogano e producono conoscenze sui nostri temi; anni fa, invece, accadeva il contrario.

In generale, sono quindi ottimista.

Non possiamo però dare per scontato questo progresso.
Abbiamo già commesso questo errore qualche anno fa, quando sembrava che anche in Italia avessimo finalmente intrapreso la giusta strada verso la piena libertà e uguaglianza.
Io, che ero uno degli autori di questa rivoluzione, ero ‘baldanzoso’: credevo infatti che la linea fosse oramai tracciata, che fossimo dalla parte giusta della storia.
C’erano alcuni gruppi e reti che erano contrari alle nostre istanze, ma ricordo che consideravo la loro attività come ‘colpi di coda del drago che muore’, cioè come inevitabili reazioni destinate però a fallire.

> E poi cos’è successo?

Questi movimenti si sono organizzati, si sono alleati con i centri di potere, sono entrati nelle istituzioni – in sintesi, ora sono molto più forti di allora.
Non solo non sono scomparsi, come avevamo ipotizzato, ma hanno ‘rimontato’… e chissà se un giorno arriverà persino il ‘sorpasso’.

Oggi mi accorgo che il nostro entusiasmo di quegli anni era una specie di ‘gabbia’, che non mi permetteva di osservare la realtà per ciò che essa era veramente.
Abbiamo commesso un errore di valutazione.

Oggi io continuo a fare le mie battaglie, ad essere positivo, ad impegnarmi, ma con una nuova consapevolezza: so che i cambiamenti non hanno un’unica direzione.
E’ importante, specie quando siamo completamente immersi nei fenomeni, conservare la capacità di vederci dall’esterno e di fare anche auto-critica.

Il nostro futuro dipende da moltissimi fattori e noi possiamo intervenire soltanto su alcuni di essi.

La storia non insegna nulla, ma dobbiamo conoscerla per cercare di migliorare.
E’ importante imparare a gestire i ‘colpi di coda del drago’ in maniera più efficace rispetto a quanto abbiamo fatto noi dieci anni fa
.

> Parliamo del tuo campo: il diritto. Secondo te, arriveremo a riconoscere anche le nuove soggettività (‘queer’) e le altre forme familiari LGBTQI (oltre al matrimonio e all’omo-genitorialità)?

Su questo fronte vedo una maggiore incertezza, ma forse sono io che non riesco a guardare lontano.

Io non ho difficoltà a comprendere i cambiamenti in atto (la non-binarietà, le ‘famiglie queer’ come quella di Michela Murgia, le relazioni poli-amorose… ), ma fatico a ricomprenderli nell’ambito del diritto che conosco, che richiede di mettere in fila le specifiche componenti in un modo ragionevole con lo scopo, infine, di redigere delle regole generali.

Non è una sfida impossibile, però: io credo che delle buone soluzioni siano immaginabili.
Saranno però sviluppate e concretizzate dalle generazioni dopo di noi, con una formazione diversa dalla nostra.
Io non ho le categorie concettuali adatte, non ho gli strumenti necessari per realizzare il cambiamento.

Toccherà a loro.

Non è una novità, dopotutto: il diritto non riesce a stare al passo della velocità dei cambiamenti sociali e culturali nella società e nella nostra comunità.

> Ad esempio?

La definizione di ‘orientamento sessuale’, innanzitutto: pur essendo piuttosto recente (è entrata nella legislazione europea nel 1997 e in Italia soltanto nel 2003), e nonostante si sia appena affermata, pare già superata nei fatti.
Questo è ancor più vero per la ‘identità di genere’, che risale al 2007-2008: è un concetto che sta ancora maturando nel diritto, eppure sembra già vecchio.

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