
Questo post è parte del laboratorio “I futuri delle famiglie LGBTQI nell’Italia del 2050”.
Scott è un nome di fantasia, scelto da una persona che preferisce rimanere anonima.
Scott abita in una cittadina del Centro Italia ed è un libero professionista nel mondo del business. E’ un uomo timido e riservato – è forse questo il motivo per cui non ha mai partecipato attivamente al movimento LGBTQI (lesbiche gay bisex trans queer intersex). Dall’esterno, ha osservato con attenzione lo stratificarsi delle diverse generazioni nella nostra comunità.
Nel 2050, Scott avrà più di 80 anni – “Quel giorno, spero che io e mio marito ce la ‘caveremo’ da soli, con quel po’ di risparmi che avremo accumulato nel frattempo“.
A marzo 2024, per la mia tesi di fine master, ho voluto raccogliere anche la sua opinione sui futuri delle nostre famiglie.
Questo post, che è stato da lui vistato, raccoglie una selezione delle sue idee, analisi, sfide al riguardo.
Io le ho riorganizzate, al fine di renderle omogenee allo stile di questo blog.
> Come immagini il futuro delle famiglie LGBTQI?
Non è facile rispondere, perché la famiglia sembra un tema importante soltanto per noi adulti e per gli anziani.
Ai più giovani, invece, la famiglia non interessa granché.
Non li giudico… anzi, li posso capire: anch’io, alla loro età, pensavo di riuscire a fare tutto da solo.
Quando sei in cima all’arcobaleno, i rapporti che hai con gli altri sono soprattutto di divertimento, di sesso, di esplorazione, di tempo libero… le persone vanno e vengono, però ci sarà sempre qualcuno che sostituirà chi hai perso.
Da giovane, vivi la vita con leggerezza.
Se hai bisogno di qualcuno, puoi ancora fidarti dei tuoi genitori.
> E poi cos’è successo?
Col tempo, sono cambiato: sempre di più cerco stabilità, una presenza costante, continua.
Una persona con cui vivere, con cui anche bisticciare ogni giorno casomai, ma sulla quale sei sicuro che puoi contare.
L’anno scorso ho avuto un problema di salute e sono stato ricoverato in ospedale per qualche giorno.
Nel giro di poche ore, ho dovuto riorganizzare completamente la mia vita.
Non so come sarei riuscito a farcela senza mio marito, visto che mia madre e mio padre sono già morti e i miei fratelli abitano lontano.
I miei amici sono venuti a trovarmi, certamente; ma hanno i propri impegni, devono lavorare e non hanno potuto farmi assistenza.
> Cosa pensi della nostra comunità per quanto riguarda il futuro delle famiglie?
La nostra comunità è oramai composta da moltissime persone, di tante classi, ma la voce che emerge continua ad essere soltanto di alcuni – cioè dei più giovani.
Le battaglie sono più vicine alle esigenze di chi oggi ha 20 anni rispetto che alle mie.
Io non sono molto interessato al lessico e alle etichette; ma capisco.
Mi spiace molto che non chiediamo davvero il matrimonio per tutti.
Al Pride dell’anno scorso una ragazza mi ha però detto: ‘Voi avete già avuto le unioni civili. Adesso tocca a noi’.
Non credo che, oggi, la comunità possa influire sul mio futuro.
Io e mio marito cerchiamo di prepararci da soli per quando non saremo più autosufficienti.
> Esprimi un desiderio sulla nostra comunità…
Vorrei una comunità più democratica, più rappresentativa, più equa, più trasparente, che vuole davvero ascoltare e dialogare con tutte le generazioni, che costruisce un’agenda adatta a tutti.
Sogno una Fondazione al di sopra delle parti, a cui tutti possono contribuire.
Una Fondazione trasversale rispetto alle associazioni e ai partiti, che opera per il bene di tutte le persone LGBTQI, che ci sa tenere uniti con un programma concreto e condiviso… con – chiedo troppo? – del capitale sociale, un sistema di voto, degli standard di responsabilità e qualità, un marchio riconosciuto, degli incarichi a termine, dei garanti…
Io – una Fondazione di questo tipo – la inserirei nel mio testamento.
