
PRIDE DIVERGENTI E PRIDE DISCRIMINANTI
Il Pride cambia, interagisce con i tempi e i territori, si differenzia.
I Pride agli inizi del movimento LGBTQI (lesbico, gay, bisex, trans, queer, intersex) erano diversi da quelli contemporanei; inoltre, quelli nordamericani sono diversi da quelli del Mediterraneo.
Così come esistono diversi femminismi, vi sono anche diversi tipi di Pride.
Il ventaglio delle possibilità è oggi molto più ampio rispetto a qualche anno fa.
Nel 2024, in Italia, vi sono Pride metropolitani e Pride di provincia.
Soprattutto, vi sono Pride ‘istituzionali’ e Pride ‘rivoltosi’ – ognuno con i propri pregi e difetti.
Ne ho scritto in passato e altri, di recente, sono intervenuti con interessanti punti di vista:
- Il Pride oltre il Gay Pride?
- Quando il Pride vuole espellere. La storia brutta del ‘Rivolta Pride’ (Bologna 2022)
- All’arrembaggio. Il Pride strumentalizzato
- Pride rivoltoso o istituzionale? (di Emanuele Mori Filidei)
- Pride antagonisti o istituzionali: a quale partecipare? (di Riccardo Conte, su Gay.it)
Per essere efficaci, i Pride devono interrogare verità implicite; mettere in difficoltà; essere critici – come ben esprime Arianna M. Fiumefreddo in una recente intervista:
Il Pride non deve piacere a tutte le persone, se un Pride piace a tutte allora ha perso l’efficacia. Deve essere complicante per la comunità tutta […] Altrimenti è una bella festa piena di arcobaleni e colorata, ma rimane un ‘Love Is Love’ smielato che non significa niente. Il Pride deve essere arrabbiato […].
Mi piace quando i Pride raccontano l’eterogeneità delle idee presenti nella nostra comunità e le mettono in proficua competizione tra di loro, lasciando ad ognuno di noi la decisione finale.
Contesto invece i Pride che vogliono dominare, monopolizzare – specie se lo fanno escludendo alcuni gruppi sociali LGBTQI, come purtroppo succede sempre più di frequente:
- Bergamo Pride e il veto a Israele, il Comune revoca il patrocinio. La replica: «Non siamo antisemiti» (di Federico Rora, su Il Corriere della Sera)
- Pride spaccato dalla polarizzazione: le comunità ebraiche non partecipano alle parate di Roma, Torino e Bergamo perché “c’è una caccia al carro di Israele” (di Giuliano Federico, su Gay.it)
- Se questo è un Pride. Senza organizzazioni ebraiche queer, che non partecipano per timore di aggressioni. Intervista a Raffaele Sabbadini presidente Keshet Italia (di Giuliano Federico, su Gay.it)
- Perché gli ebrei LGBTQ+ rinunciano al Pride: «Traditi e abbandonati dalla nostra stessa comunità» (di Ugo Milano, su Open)
Il ‘Rivolta Pride’ di Bologna è uno di questi.
4 DISTOPIE DEL ‘RIVOLTA PRIDE’
Il manifesto politico del ‘Rivolta Pride’ [scaricato il 4 luglio 2024] è un documento interessante, anche perché tratteggia i futuri preferiti da chi l’ha redatto.
Secondo me, alcune visioni sono positive e condivisibili.
Altre, invece, sono particolarmente insidiose.
Accogliendo l’invito del ‘Rivolta Pride’ a “non rimanere indifferenti“, ho deciso di scrivere questo post.
- Tuttə tranne i gay
- Tante tantissime parole
- Con delle lenti distorcenti
- Anonimamente ma a nome di tutti
1) TUTTə TRANNE I GAY
> Il mondo per cui lotta il ‘Rivolta Pride’ è un mondo senza gay.
Benché citati una dozzina di volte all’interno dell’acronimo “LGBTQIA+” (la G sta per gay), i gay e gli uomini omosessuali sono negati, cancellati, silenziati, rimossi e sostituiti – con una certa enfasi – da altre soggettività, tra cui spiccano quelle “femminilizzate” e “frocie“ [talvolta nella versione “froce“, ndr].
Il reiterato uso del plurale femminile sovraesteso rafforza questo quadro.
Il ‘Rivolta Pride’ intende dare la parola a moltissime e diverse identità (“froce, lesbiche, trans, intersex, bisessuali e bi+, asessuali e aromantiche“… migranti… razzializzate… palestinesi… neurodovergenti… queer… seconde generazioni e giovani meridionali… ), tranne a quelle maschili – forse ritenendo che, all’interno della nostra comunità, non abbiamo tutti la stessa dignità: c’è chi vale di più e chi di meno, e ciò non dipende da ciò che facciamo o pensiamo, bensì da chi siamo.
L’unica eccezione riguarda i padri: se sei un uomo, è la prole che ti salva dall’imposizione dell’oblío.
Fa bene Pasquale Quaranta a ricordare che “ogni volta che scrivi ‘Gay Pride’ muore una fatina“, e che “da 15 anni non si scrive più Gay Pride ma semplicemente Pride, o, a seconda delle città, Torino Pride, Salerno Pride, etc. per rappresentare l’intera comunità LGBTQIA+“.
Il punto è che il ‘Rivolta Pride’ non ha alcuna intenzione di narrare tutte le sue componenti.
2) TANTE TANTISSIME PAROLE
> Il mondo per cui lotta il ‘Rivolta Pride’ è un mondo verboso.
Sebbene il suo manifesto politico si intitoli “Le rivendicazioni principali“, questo documento occupa fitte fitte 10 pagine. Dieci.
La sintesi è nemica; ogni riflessione richiede ricercate coordinate cosmico-ideologiche; soltanto chi ha tanto tempo libero e rilevanti capacità di attenzione e comprensione può accedere alle ‘vere’ motivazioni della manifestazione.
Rischia di essere una questione esclusiva, d’élite, soltanto per iniziati.
3) CON DELLE LENTI DISTORCENTI
> Il mondo per cui lotta il ‘Rivolta Pride’ è un mondo ad un’unica dimensione.
Apparentemente, il manifesto politico è ricchissimo di riferimenti locali e globali: Il Medio Oriente, i cantieri del tram a Bologna, le scelte del Governo nazionale, le rotte migratorie, la criminalità giovanile e nelle periferie, la questione meridionale, lo stato delle carceri, la natalità, l’HIV, l’over-tourism, la crisi del welfare…
Tutto è interconnesso, secondo il ‘Rivolta Pride’, e ha un’unica, profonda, autentica spiegazione: il “ciseteropatriarcato“.
Il motore di tutto è, secondo loro, uno soltanto.
Se lo si analizza con attenzione, questo patrimonio di eventi è in realtà molto parziale, e in fin dei conti basato su una serie di pre-giudizi.
Mancano totalmente fatti che introducono contraddizioni, ambiguità, tensioni in questa visione mono-colore, aprendola alla discussione e rendendola così forse confutabile e certamente molto più interessante: la guerra in Ucraina, il massacro e gli stupri di massa del 7 ottobre in Israele, la condizione dei diritti umani e delle donne in Iran (‘Donne, Vita, Libertà’) – tutte oculatamente filtrate e tenute fuori dall’arena, nonostante la loro primaria rilevanza.
Lo scenario internazionale interessa nella misura in cui conferma le opinioni di partenza, che rimangono indiscutibili.
Non è uno studio, in altre parole, bensì una proiezione.
Il ‘Rivolta Pride’ dice di fondare i propri principi su delle evidenze, ma queste sono di scarsa qualità.
E’ accettato un unico punto di vista sulle cose: quello leale all’ortodossia.
Le uniche icone ammesse nell’olimpo del Pride sono “le nostre compagne trans*, sex worker e razzializzate, a Stonewall“.
Nessuna traccia, invece, di Harvey Milk – reietto e condannato all’oblìo a causa della sua “bianchezza“, perché “occidentale“, gay e maschio.
4) ANONIMAMENTE A NOME DI TUTTI
> Il mondo per cui lotta il ‘Rivolta Pride’ è un mondo in cui una non meglio precisata entità “auto-organizzata dal basso” parla a nome di tutti.
Il manifesto politico, che rappresenta la posizione del “movimento LGBTQIA+ tutto“, autonomamente e senza alcuna “strumentalizzazione“, è un documento non firmato.
Non è possibile sapere chi lo condivide e chi l’abbia sottoscritto (nonché se qualcuno l’abbia fatto).
Non chiaro chi interpellare per chiedere spiegazioni o inviare apprezzamenti o critiche sui suoi contenuti.
L’unitarietà è data per scontata; l’unanimità è trattata come un dogma.
Nessun soggetto individuale oppure collettivo è responsabile.
Questa carenza ha anche una matrice culturale: gli estensori del manifesto credono che le cause dei nostri problemi siano sempre strutturali ed esterne; io credo, invece, che vi sono anche con-cause interne, che dipendono da noi, dalle scelte che facciamo come individui e come comunità.
Forse è per questo motivo che il ‘Rivolta Pride’ è a proprio agio nel denunciare la violenza dello Stato e i macro-soprusi nello scacchiere geo-politico, mentre dimentica completamente altre problematiche quotidiane quali ad esempio quelle dell’invecchiamento, della solitudine, degli elevati tassi di suicidio e di tossico- e sesso-dipendenza tra le persone LGBTQI – in merito alle quali ognuno, compresi i leader di comunità e gli organizzatori dei Pride, ha delle responsabilità.
RIVOLTALEAKS
(sezione in corso, aggiornata al 21 luglio 2024)
Cosa pensi del mio post?
Inviami la tua opinione a rivoltaleaks@gmail.com
Ho selezionato i commenti che considero più interessanti e in linea con questo blog.
Raccontano spesso il rammarico di varie persone LGBTQI.
Non rappresentano, ovviamente, un campione rappresentativo.
>>> “Passano gli anni e il ‘Rivolta Pride’ continua ad escludere. Ogni volta prende di mira qualcun altro. All’inizio protestavamo contro questa ingiustizia… ora ci stiamo abituando, ‘tanto non succede niente uguale… Sono preoccupato per questo andazzo.“
>>> “Io vorrei sapere quali associazioni LGBTQI bolognesi hanno condiviso questo documento politico. Ho il diritto di sapere cosa ne pensano. Anche per decidere a chi dare e a chi togliere il mio sostegno.“
>>> “Io non so se parteciperò ancora al Pride a Bologna. Un mucchio di persone che cammina, con pochissima riconoscibilità e richieste politiche pari a zero.”
>> “Sia ai fascisti sia gli organizzatori del ‘Rivolta Pride’ piace credere che chi va a questa manifestazione sono tutti antagonisti. E’ una colossale balla, ma fa comodo ad entrambi. E noi siamo stritolati in questa loro tenaglia.“
>>> “Questi si sono impossessati del Pride e l’hanno piegato alla propria specifica agenda – dando per scontato che è condivisa da tutti.“
>>> “Più che condivisibili le tue riflessioni. Ma non credo che qualcuno ti risponderà.“
>>> “Sono un uomo cis-gender ultra-50enne. Non condivido il fatto che chi ha scritto il manifesto del ‘Rivolta Pride’ rimanga invisibile. Non posso accettare di essere rappresentato da chi non rende pubblica la propria identità. Ciò detto, aggiungo che io, alla mia età, con il lavoro che faccio, con la fatica e stanchezza che vivo ogni giorno, col caldo che fa d’estate a Bologna, non andrei comunque a manifestare. Se tutti fossero come me, non ci sarebbe nessuna marcia. Sono quindi grato a chi, invece, partecipa al Pride.“
>>> “Gli antagonisti fanno e sempre faranno gli antagonisti. Non c’è nessuna sorpresa in questo. Come Martin Luther King, io non temo le urla dei violenti, ma il silenzio degli onesti. Possibile che i vari leader LGBTQI, soprattutto quelli eletti, non abbiamo niente da dire pubblicamente sui limiti del manifesto politico del ‘Rivolta Pride’? Lo considerano forse un ‘innocuo giocattolo’ con cui ‘i ragazzi’ possono passare il tempo senza far troppi danni?“
>>> “Prima esclusero dal Pride le persone LGBTQI contrarie alla GPA (gestazione per altri), e fui contento, perché io sono favorevole.
Poi allontanarono quelle nelle forze dell’ordine, e non dissi nulla, perché io non ne conoscevo.
Quest’anno hanno dichiarato non gradite quelle che non vogliono la dissoluzione di Israele, ed è stato un sollievo, perché, con la guerra nel Medio Oriente, mi sono fastidiose.
Un giorno metteranno forse in disparte anche me, e non sarà rimasto nessuno a protestare.
(lib. cit.)“
