Quale ruolo per l’identità maschile nella comunità LGBTQI?

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1) Asia Argento e Harvey Weinstein: tra analogie e differenze
2) Altre storie
3) Alle origini
4) Futuri

  • Come vengono percepite, all’interno della comunità LGBTQI (Lesbiche, Gay, Bisex, Trans, Intersex, Queer), la identità femminile e la identità maschile?
  • Riconosciamo loro pari valore?
  • Le promuoviamo e tuteliamo entrambe con uguale impegno?
  • Vi sono dei sottintesi che non vogliamo mettere in discussione?

La questione non è recente, è sfaccettata, contiene delle ambiguità ed è profondamente radicata, nel bene e nel male, in tutti noi.

Trovare un’unica risposta a tali interrogativi è una sfida molto difficile.
Il recente caso di Asia Argento e Jimmy Bennett offre tuttavia alcune interessanti suggestioni al riguardo.

1)
ASIA ARGENTO E HARVEY WEINSTEIN: TRA ANALOGIE E DIFFERENZE

La vicenda di Asia Argento e Jimmy Bennett è stata una cartina al tornasole del nostro modo di pensare, specie se confrontato con quanto è successo nei confronti di Harvey Weinstein.
Le nostre reazioni rivelano che la nostra capacità di indignazione è condizionata [anche] dal genere della vittima e del perpetratore.
Se eravamo tutti d’accordo con il #metoo contro Weinstein, in quanto uomo, nel caso della Argento, in quanto donna, vi sono infatti stati vari distinguo.

La due storie sono ben diverse, chiaramente. Molti sono gli interessi in gioco, di ogni tipo. E, soprattutto, la vicenda di Asia è ancora tutta da chiarire, visto che non sono ancora state accertate le responsabilità.
Ciononostante, c’è chi, con un ruolo di rilievo all’interno della comunità LGBTQI, ha fin da subito dichiarato la propria posizione – tutta a salvaguardia dell’attrice, ad ogni costo, e senza attendere alcuna evidenza:

“Asia Argento io ti amo.
Io credo che tutti i ragazzi di 17 anni avrebbero pagato te per avere le tue attenzioni, allora essere addirittura pagato per essere iniziato da te, wao doppio regalo!
Quello che sta succedendo è il solito schifo misogino. […]”

Queste affermazioni mi hanno fatto molto riflettere, anche perché vi si scorgono alcuni degli argomenti usati dagli stessi difensori di Weinstein. Stavolta utilizzati, però, dall’opposta fazione.

Più in generale, è fondato il sospetto che in questo contesto si stiano usando due pesi e due misure, che il fatto che Asia sia di genere femminile cambi molte delle carte in tavola e che buona parte dei giudizi espressi su questi fatti abbiano un fondo di pregiudizi.

2)
ALTRE STORIE

Non si tratta, del resto, di un avvenimento isolato.
Al contrario, lo sbilanciamento a favore della soggettività femminile è un atteggiamento piuttosto comune nella comunità LGBTQI, soprattutto all’interno della sua anima più movimentista e critica.
E’ così, del resto, anche in vari settori della società.

Ecco un paio di esempi, di diverso tipo, di tale disequilibrio.

a)
A senso unico
Se da un lato, è forte – e certamente legittima – l’enfasi sulla tossicità di un ‘certo tipo’ di mascolinità (quella predatoria e oppressiva), dall’altro lato è invece totalmente assente il dibattito sui potenziali effetti negativi di un ‘certo tipo’ di femminilità – quasi ad affermare che essa è, sempre e in sé, positiva.
D’altra parte, è significativo che non esista il corrispettivo femminile del concetto di machismo: Perché? E’ infondato il problema oppure non teniamo gli occhi abbastanza aperti per intercettarlo?

b)
Presunti primati
Da parte di vari uomini omosessuali, è da sempre considerato di avanguardia, socialmente sfidante e politicamente vincente parlare di sé al femminile e assumere alcune forme dell’altrui genere. Si tratta di cultura piuttosto diffusa, specie in alcune generazioni.
E’ interessante notare come questo stile sia invece molto meno frequente tra le donne omosessuali.
Sfidare le convenzioni – anche di genere – è un principio fondante per la comunità LGBTQI. In effetti, le convenzioni riproducono le strutture di potere esistenti, tra cui quelle dell’uomo sulla donna, nonché dell’eterosessuale sulle minoranze sessuali; metterle in discussione è quindi non solo una questione culturale, bensì di giustizia.
Allo stesso tempo, però, se osservata dall’esterno, tale cultura veicola anche un messaggio più controverso: ‘Se sei nato maschio e ti senti a tuo agio a comportarti da uomo, allora di fatto collabori con chi ti opprime, danneggi te stesso e, in fin dei conti, non sei libero’.
E’ fuori discussione che le esperienze femminili, così come quelle di genere non-conforme (non-binarie, queer e trans), abbiano valore di per sé, al pari di tutte le altre: Esaltarle per finalità politiche è una strumentalizzazione, ai danni delle vite al maschile?

c)
Tra sopravvalutazioni e sottovalutazioni
E’ un patrimonio di civiltà il rifiuto della violenza di genere. Di ogni tipo di violenza. Di ogni genere.
Nei confronti della violenza degli uomini contro le donne la sensibilità è finalmente aumentata, specie di recente; nei confronti delle altre casistiche (donne contro uomini, uomini contro uomini, donne contro donne) vi sono invece ancora spazi di miglioramento – che fatichiamo a risolvere a causa del tabù, tuttora irrisolto, a immaginare la donna come carnefice, da un lato, e l’uomo come vittima, dall’altro lato. (Questi due lati della questione sono relativamente indipendenti tra di loro.)
Le statistiche attuali confermano che il problema riguarda soprattutto le donne. E’ innegabile. Allo stesso tempo, sappiamo bene che ogni rappresentazione dei fenomeni è almeno in parte condizionata dalla cultura esistente.
Non sorprende, di conseguenza, come la molestia e lo stupro maschili siano spesso sminuiti, non accreditati, persino ridicolizzati; e come, per toccare un tema tutto interno alla comunità LGBTQI, la violenza tra partner all’interno delle coppie omosessuali, sia maschili sia femminili, sia un tema messo sotto silenzio, spesso anche da noi stessi.
Va bene così? Che influenza ha questa situazione sulla nostra capacità di metterci nei panni di chiunque racconta di subire violenza? 

3)
ALLE ORIGINI

La maggior parte delle vessazioni esplicite e dirette che molti di noi ha subito in quanto persone LGBTQI, specie quando eravamo più giovani e meno capaci di difenderci, ci sono state inflitte dai maschi.
Ce lo ricordiamo bene.
Le atipie di genere sono particolarmente censurate dalle persone di genere maschile.
Sembra quasi che gli uomini siano ‘programmati’ per offendere e opprimere [le donne e] le minoranze; che essi siano i nostri ‘nemici’.

Secondo vari osservatori, ciò deriva dal fatto che il maschio [eterosessuale?] [e borghese?] incarna l’ordine simbolico del patriarcato.
Nel mondo occidentale, da sempre, il maschio è posto al vertice di questa particolare piramide di potere, che coinvolge tutti gli ambiti dell’esistenza: familiare, sociale, economica, politica.
Al fine di mantenere inalterato questo sistema di privilegio, il maschio [eterosessuale], attraverso le strutture che ha generato, è teso a zittire, anche con durezza, i tentativi di cambiamento portati avanti dagli altri generi e orientamenti sessuali.

Il femminismo ha ampiamente sviluppato questi temi.
Le sono molto riconoscente, perché offre molti spunti critici nonché la visione di una società diversa.
Focalizzandosi su un solo genere (quello femminile) ha realizzato un’importante opera di compensazione.
Ma, come ogni teoria, non è sufficiente a rendere conto del mondo nella sua interezza.
Com’è ovvio, ha dei limiti. Soprattutto non è in grado, secondo me, di interpretare e spiegare perché in alcuni settori importanti è quello maschile il genere svantaggiato, ad esempio nei tassi di alfabetizzazione, di infortuni sul lavoro, di morte come esito di atti deliberati di violenza (anche di tipo criminale).
Gli uomini, in Italia, vivono in media 4,6 anni in meno delle donne (dato Eurostat 2016).
Inoltre, la misandria è spesso rilevante componente all’interno del razzismo: L’uomo nero è odiato molto di più della donna nera.
L’accusa di pedofilia, che aleggia sempre sulla testa degli uomini gay, non tocca invece le donne lesbiche.
Il problema dell’HIV/AIDS coinvolge gli uomini gay molto di più che le donne lesbiche.
Ancora, gli uomini gay sono più spesso bersaglio di atti di omofobia rispetto alle donne lesbiche.

Sfide diverse, in conclusione, colpiscono i vari generi.
Nessun genere è immune.

E’ necessario un nuovo, autentico, libero, sincero approccio alle diverse soggettività di genere – al di là degli attuali stereotipi e semplificazioni.

4)
FUTURI

Sento molto gioire per la cosiddetta ‘crisi del maschio contemporaneo’.
C’è un’ampia produzione di scritti e narrazioni al riguardo – quasi un vero e proprio genere letterario.
E’ una buona crisi, se ad essa segue un mondo più giusto ed equo.
E’ una cattiva crisi, se dà spazio soltanto ai sentimenti – pur comprensibili, ma di corto raggio – di rivalsa.

Io sogno un futuro in cui:

  • Chiunque possa vivere sicuro e soddisfatto col genere che preferisce – compreso quello maschile
  • Siano valorizzati i valori di lealtà, assertività, forza, coraggio e indipendenza, accanto a quelli di sensibilità, empatia, introspezione, dolcezza, cura e compassione. E ognuno possa scegliere, adattare, cambiare il mix di tratti che preferisce
  • I ragazzi e le ragazze possa crescere con uguali risorse di genere, diventando gli uomini e le donne che desiderano e che meglio li realizzano
  • La mascolinità, la femminilità e ogni combinazione tra le due siano tutte opzioni compiutamente desiderabili e accettate
  • La binarietà di genere non sia né data per scontata, né imposta
  • Chi desidera porre all’attenzione della comunità LGBTQI la soggettività maschile non venga etichettato come reazionario

Un mondo non fatto di sole verità ad una dimensione.
In cui le contraddizioni non sono un problema.

“Mi contraddico?
Certo che mi contraddico!
Sono grande, contengo moltitudini.”
(Walt Whitman)

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